Pagina incompleta

Eh si lo so che è da tanto che non vado avanti, ma non lo faccio apposta.

Nota, leggendo questa pagina, si incontreranno molti pezzi di frase, di solito compresi tra una serie di puntini, che sembrano senza un senso logico.

Ho usato questo sistema per avere un ordine cronologico degli eventi, ed in modo da poter inserire in qualsiasi momento fatti che magari mi erano sfuggiti.

In questo modo ho potuto formare una prima bozza per tutta la storia, che poi andrò a rifinire e completare.

Ho pensato molte volte che per raccontare la storia della vita di una persona ci voglia una vita, perchè anche un particolare che possa sembrare a prima vista minimo, è servito alla formazione di tutta la storia ma, essendo impossibile farlo, cercherò di riassumere quei momenti che hanno maggiormente caratterizzato il mio cammino.

Era una notte buia e tempestosa……. Ops no, questa è un ‘altra storia.

Sono nato a Monastier di Treviso, il 2 marzo del 1951 in una famiglia benestante.

Non avevo molta voglia di entrare in questo mondo tanto è vero che, mi dicono, sono nato con 15 giorni di ritardo rispetto alla scadenza dei canonici 9 mesi.

Il mio primo ricordo della mia vita risale a quando avevo circa un anno e mezzo quando, con la famiglia, eravamo andati a Jesolo per una vacanza al mare.

A me piace molto andare la mare, non tanto per il caldo ma per le sensazioni che si provano stando distesi sulla sabbia per prendere il sole e per quella sensazione, ancora più bella, che si prova quando si entra in acqua e ci si sente progresivamente avvolgere dal mare fino a galleggiare.

A quel tempo, per ripararsi dal sole, non si usavano gli ombrelloni ma una specie di tenda rettangolare, fatta con un lenzuolo, che sembrava una vela da barca.

Il vantaggio era superiore a quelli che sono gli attuali ombrelloni, in quanto poteva essere spostata secondo la posizione del sole, e creava una zona d’ombra molto estesa, come si può vedere dietro la tenda, vicino al posto che si era scelto.

Quando ero in spiaggia, non stavo molto fermo e logicamente andavo in riva al mare per giocare con le onde e a volte a costruire dei cumuli di sabbia bagnata.

Quando andavo verso il mare ci andavo sempre perpendicolarmente, cercando di tenere a a mente la fila da cui ero sceso e non scostandomi molto dal punto in cui ero arrivato all’acqua.

Un giorno però, evidentemente, sono stato preso dal desiderio di muovermi più del solito lungo il “Bagnasciuga” e, non trovando più la fila giusta da cui ero sceso, mi sono perso.

Mi rendevo conto che non trovavo più i miei genitori e continuavo a cercare tra le varie file, non ho molti ricordi di come sia successo, so solo che ad un certo punto devo essere andato vicino alla strada e così mi ha trovato “L’ uomo vestito” , era un vigile.

Il secondo riguarda la nascita di mia sorella. Non ricordo se i miei genitori mi avessero preparato alla sua nascita, fatto sta che ho manifestato quasi subito una certa gelosia e fu il principio di una serie di dispetti, che ebbero come conseguenza il fatto che venivo mandato fuori dalla stanza per non farle del male.

Oggi le cose sono molto cambiate e di un caso simile, psicologi e sociologi vari, direbbebero che ero geloso della sua nascita e consiglierebbero a mia madre di darmi un po’ più di attenzioni e non solo, secondo quello che pensabvo io, all’ultima arrivata.

Da alcuni anni ho capito che la mia vita in solitudine è cominciata proprio a quel tempo, avevo 5 anni.

I ricordi successivi riguardano la scuola elementare, ricordo benissimo l’ unica aula dove una sola maestra insegnava a cinque classi, ogni riga una classe.

La prima riga naturalmente era per la prima classe, la seconda riga per la seconda ecc.

Ricordo che a quei tempi la maggior parte dei bambini imparava a scrivere solo a scuola e per incominciare a coordinare il movimento della mano, la maestra ci faceva riempire le pagine dei quaderni con “Le aste”.

A noi, che eravamo in prima, toccava fare molte “aste”, mentre la maestra spiegava alle altre classi.

Le, ormai sconosciute, “aste” servivano a preparare la scrittura delle parole. Infatti erano studiate per abituare la mano a compiere certi movimenti, che poi uniti, davano per risultato le vocani e le consonanti.

Non ho molti ricordi di quel primo anno di scuola, ricordo appena di qualche momento della ricreazione, ricordo un forno a legna, nel cortile della scuola, che serviva a tutti per cucinare il pane, ricordo il fosso lungo la strada bianca e la fontanella vicino all’entrata della scuola, e la cartella che mi sembrava pesantissima anche se dentro aveva un paio di quaderni e due libri e le fontane, poste lungo la strada, da cui sgorgava acqua freschissima.

Oltre la scuola non avevamo impegni per questo, quando i grandi andavano per i campi a lavorare, noi a volte li seguivamo per passare il tempo.

Ho imparato così a seminare il frumento, a quei tempi non c’erano le macchine per seminare e si faceva a mano, si camminava diritti sul campo e si lanciavano manciate di frumento con un movimento semicircolare del braccio mentre si apriva piano la mano per lasciar uscire i chicchi.

La semina del mais, che noi chiamavamo “granoturco”, era un po’ più complessa.

Prima bisognava formare dei solchi rialzati dove poi con un badile si apriva la strada nella terra per depositare il chicco.

La cosa noiosa poi era di portare l’acqua alle piante e sucessivamente l’operazione di mettere un po di sale vicino alle piantine per evitare che fossero mangiate dai “Grillotalpa”.

Non so cosa fosse quella cosa che chiamavamo “sale”, penso fossero dei fosfati o dei concimi, la cosa importante era fare attenzione a non avere le mani bagnate, altrimenti il sale avrebbe fatto reazione e ci si “bruciava” le mani.

Quando poi c’era il raccolto del frumento, a casa nostra siccome eravamo l’unica famiglia che aveva la trebbia, arrivavano i vicinanti per far trebbiare il frumento o il trifoglio che noi chiamavamo “Spagna”.

Il frumento veniva messo nei sacchi e poi disteso nel granaio. Era uno spettacolo indescrivibile vedere quellla distesa di chicchi di frumento tutti assieme. Il compito di noi ragazzi era di aerearlo ogni giorno. Mi piaceva molto quel lavoro, Si poteva fare in due modi, uno con una specie di restrello che al posto dei denti aveva una tavoletta l’altro, che a noi piaceva di più, perchè sembrava di camminare sulla sabbia.

Per muovere il grano, era facilissimo, bastava camminare trascinando i piedi senza alzarli dal pavimento. si formavano così dei solchi paralleli ed il grano respirava e non faceva la muffa.

D’inverno non avevamo il riscaldamento su tutta la casa, le uniche stanze calde erano:

La cucina, dove per cucinare e per avere l’acqua calda c’era la “Cucina a legna” che serviva anche come forno e per cucinare la carne sui “cerchi” e, quando si amazzava qualche gallina, le uova che non avevano fatto il guscio, che la gallina aveva dentro.

L’atra stanza era quella dove si tenevano dei bachi da seta e la stalla, che era calda naturalmente.

Le altre stanze erano fredde e p er questo quando, d’inverno, si andava a dormire, per scaldarlo, si usava la “Monega”.

Era una struttura leggera che teneva le lenzuola alzate, come si vede nella foto, il calore era dato da un vaso che conteneva delle braci.

Il letto aveva dei caldi piumini che mantenevano il calore dopo che era stato scaldato. Quando si toglieva la “monega”, bisognava andare subito a letto e rimboccare bene il copriletto per non perdere il calore.

In dicembre, si amazzavano i maiali. Ricordo ancora le grida dei maiali che capivano cosa stava per succedere.

Per amazzarli, a quel tempo, si usava il metodo di dissanguarli; in pratica, un uomo gli piantava un coltello sul collo e si faceva uscire il sangue dal corpo.

Il sangue veniva raccolto in una pentola e poi se ne faceva una specie di dolce, che però a me non piaceva molto.

Il maiale poi veniva messo in una tinozza con acqua calda per rasargli le setole e sucessivamente veniva appeso per le zampe, pulito e tagliato a pezzi.

I grandi non volevano che vedessimo queste cose e nemmeno che fossimo attorno alla tavola quando preparavano la carne per fare i salami.

Per tenerci lontano ci mandavano a casa di qualche vicino a prendere: ” lo stampo per i salami” Noi ingenui come eravamo, facevamo quello che ci era stato chiesto, si andava dal vicino e ci veniva consegnato un sacco pesantissimo con dentro qualcosa di ferro o dei mattoni.

La parte più gustosa era alla sera, perchè si cucinavano le costicine di maiale appena preparate. L’altra cosa che mi piaceva moltissimo erano le piccole uova che si trovavano a volte quando si amazzava una gallina.

Erano le uova che si stavano formando, in pratica erano solo i tuorli, si mettevano sopra la piastra della cucina e dopo poco erano pronte, ricordo ancora che avevano un gusto particolare, bastava solo fare attenzione che non bruciassero.

L’unica cosa che non mi piaceva era la minestra, di qualsiasi tipo fosse.

La minestra, non so perchè, proprio non mi andava di mangiarla e cercavo di evitarlo, se proprio non volevo mangiarla a pranzo, allora non mi facevano proprio mangiare.

Qualcosa si mangiava poi verso le 16.00, era il “merendino”, la sera però a cena, mi ritrovavo la stessa minestra di mezzo giorno.

Venivo preso dalla rabbia, ed a quel punto, la mangiavo in fretta, anche se era bollente, e questo fatto mi e rimasto ancora oggi. Naturalmente, i gusti sono cambiati ed adesso mangio volentieri una minestra, ma inconsciamente mi è rimasto il ricordo di un tempo, non importa quanto sia calda, ancora oggi quando trovo in tavola un piatto di minestra, o tortellini, li mangio con una velocità incredibile.

Non ho molti altri ricordi di scuola del periodo di Monastier, a parte quello relativo ad un quaderno macchiato. Ricordo che un giorno ho trovato il mio quaderno con una macchia, e non ero stato io a farla, Mi sono messo a piangere e poi sono andato fuori casa.

Dopo un po’ di tempo sono ritornato dentro e “magicamente”, la pagina non era più macchiata, non riuscivo a capire come fosse stato possibile e forse ho pensato ad una magia.

Una cosa che mi piaceva fare in primavera e d’estate, era di andare nei campi dopo una pioggia. C’erano delle pozze d’acqua, mi toglievo i sandali e camminavo dentro quelle pozze. Sentire sotto i piedi l’erba del prato ed i piedi dentro l’acqua fresca, mi dava delle sensazioni che mi piacevano molto.

Alla domenica, naturalmente, si doveva andare in ch sa, non alla prima messa ma quella successiva. Noi abitavamo a circa 3 km dalla chiesa e quindi si faceva una bella passeggiata. Al pomeriggio poi bisognava ritornare per il vespro pomeridiano.

Dopo il vespro, c’era la possibilità di vedere un film in parrocchia, ma non credo di esserci mai andato, perchè usavo i soldi che ci davano qualche domenica per comperare un gelato, non era un vero e proprio gelato, era una specie di meringa colorata su un cono di cialda, io lo chiamavo “il gelato di plastica”.

Oltre a quello della parrocchia, c’era anche un cinema privato, non credo di esserci andato più di 2 o tre volte, ma mi ricordo di una volta che ci sono andato con mio cugino, avevamo solo 50 lire in due.

Ricordo che ci siamo presentati alla cassa non sapendo quanto costasse il biglietto, e quando abbiamo scoperto che costava 50 lire a testa, siamo riusciti a trattare e siamo entrati tutti e due.

L’attesa era lunga e noi eravamo impazienti di vedere il film, quando poi è iniziato, c’erano tutti quelli che adesso sono i titoli di coda, per noi era una cosa noiosissima e così, prima di vedere il film, ce ne siamo andati.

D’estate, quando faceva molto caldo, andavamo a fare il bagno in un canale che passava vicino alla strada, aveva l’acqua limpidissima e non molto profonda, ma era molto fredda.

La cosa bella della campagna e che puoi avere frutti quasi sempre, avevamo un bel albero di noci, uno di kaki ed uno, vicino al “Barco” di more bianche e rosse.

Poi c’era l’uva, mi ricordo di una pianta che aveva dei chicchi enormi, lunghi oltre 3 Cm e molto dolce.

Ci siamo trasferiti a Vittorio Veneto il………..

IL secondo anno di scuola è volato in un lampo.

Il terzo anno ho cambiato scuola, avevamo un maestro veramente all’avanguardia per quei tempi, tra le altre cose ci insegnava anche l’educazione stradale.

Aveva anche ideato un sistema di rotazione dei posti che si occupava sui banchi, per fare in modo che tutti potessero essere in prima fila. Si Chiamava Corocher.

Nelle vacanze non c’erano, come adesso, i compiti per casa da fare così per passare un po’ il tempo in modo diverso, mi sono iscritto con i Boy scout, cosa che mi ha permesso di fare delle belle gite e vacanze.

Molti pomeriggi erano noiosi, così per passare il tempo, partivo da solo e andavo in cima al “Monte Altare” dove, ancora adesso, c’è la grande croce visibile da quasi ogni punto della città. Arrivavo in cima senza sentire la fatica, facevo questo perchè mi piaceva molto guardare la città dall’alto, certo non era come volare, ma era bellissimo lo spettacolo del panorama da quel punto.

Ho finito le elementari a fatica, il maestro mi ha promosso perché gli avevo assicurato che non andavo alle medie.

Ho frequentato così le scuole di avviamento professionale dove andavo bene nelle materie tecniche e “malino” in quelle letterarie.

La materia che mi piaceva meno era la storia, tanto è vero che sono stato rimandato all’ultimo anno.

Sono andato poi all’ I.T.I.S. di Conegliano, dove il primo anno sono stato bocciato, da tanta era la differenza degli studi. Poi sono sempre stato promosso, ma la storia e le materie letterarie erano sempre poco gradite.

Le ore che ci impeganvano erano molte, anche se molte erano fatte di laboratori che a me piacevano molto e forse per questo passavano alla svelta.

D’estate mi alzavo alle 6 del mattino, e due volte alla settimana, tornavo a casa dopo le 18.30, e poi si dovevano fare anche i compiti.

D’inverno la cosa migliorava di pochissimo, infatti l’orario dei treni cambiava, e così si poteva dormire mezz’ora in più perchè il treno partiva poco prima delle 7 del mattino.

I soldi erano sempre pochi, io vivevo con 15.000 lire che i miei mi davano per tutto il mese, in pratica 500 lire al giorno per mangiare fuori 4 volte alla settimana e tutte le spese.

Non si poteva andare alla mensa, gestita dai sacerdoti, vicino alla scuola perchè da loro solo “il primo” costava 600 lire.

Ritornavamo quindi in stazione o in qualche bar del centro per mangiare dei panini.

Per un periodo si andava anche alla mensa dei ferrovieri, dove potevamo mangiare un primo o un secondo senza spendere molto, perchè anche se non lo eravamo, ci facevano il prezzo di favore che avevano i ferrovieri, certo che kilometri se ne facevano tanti a piedi.

Quando poi è stata aperta la prima pizzeria, allora ci si trovava tutti li, ed era una corsa per poter arrivare per primi e fare in tempo a tornare a scuola. la margherita con la birra costava 125 lire, e quindi ci rimanevano i soldi per un caffè o una “pasta” al bar.

Andavamo sempre al “Bar Lidia” in via Carducci, perchè più famigliare di quello della stazione, il bar catanzaro e il bar 3B li consideravamo bar per “ricchi”.

Avevamo fatto anche un calcolo su come risparmiare sull’abbonamento del treno, quello di seconda classe costava 1600 lire, quello di “prima” costava 2.500 lire ma, considerando che ogni settimana dovevamo pagare un supplemento per il treno di ritorno alla sera, conveniva fare quello di prima perchè ogni mese si risparmiava 100 lire, oltre al fatto di viaggiare in una classe più libera.

D’estate, tra un anno e l’altro, il primo mese di vacanza andavo a lavorare in bacologia, per guadagnare i soldi per fare un po’ di vacanze in campeggio al mare. Guadagnavamo circa 35-40 mila lire per un mese di lavoro a quasi 10 ore al giorno, ma era l’unico modo per avere qualche soldo per le vacanza.

Ripensando a quello che facevamo per non rimanere senza soldi, adesso, mi vergogno, ma a quei tempi, non sentivamo di fare del male, anche se in reltà stavamo rubando.

Per risparmiare sulle spese del campeggio, costava 700 lire al giorno solo di sosta, avevamo un metodo che oggi non si potrebbe più fare ed era una cosa semplice.

Siccome per entrare in macchina nel campeggio si doveva avere il “pass” adesivo per l’auto ed era naturalmente diverso ogni anno noi, la settimana prima di fare le vacanze, andavamo un sabato e domenica al campeggio regolarmente iscritti. Con quel metodo avevamo il pass adesivo per l’anno in corso ad un costo irrisorio.

La settimana successiva, Adriano, che era l’unico ad avere la macchina, si presentava alla sbarra con tutti i bagagli, il portiere vedendo l’adesivo, gli apriva senza porsi il minimo problema.

L’adesivo comunque non era sufficiente, bisognava anche avere il cartellino per la tenda, così due di noi si presentavano in ufficio e si registravano regolarmente. Nella realtà eravamo almeno una decina, ma chiunque avesse fatto un giro di ispezione avrebbe visto tenda ed auto regolari. l’unico modo per scoprirci, sarebbe stato che un controllore ci avesse “beccato” mentre eravamo in tenda, ma eravamo quasi sempre in spiaggia.

I soldi finivano subito e così si doveva vivere di stratagemmi, oggi ripensando a quelle cose mi vergogno per quello che abbiamo fatto.

A quel tempo, c’era il sistema che per avere una bibita con bottiglia di vetro, si doveva pagare il “vuoto” in modo che si era costretti, per non perdere la cauzione, a riportare il vuoto al negozio. Era uno dei migliori metodi per riciclare il vetro.

Non ricordo a chi sia venuta l’idea, ma visto che avevamo una macchina con un bagagliaio bello grande, alla sera, si andava a prendere le cassette di “vuoti” dietro ai bar ed il giorno dopo li riportavamo, così ci si procurava dei soldi.

Molte volte facevamo mattina, e da bravi “cattivi ragazzi”, avevamo notato che in molti alberghi o bar, i fornai lasciavano il latte ed i krapfen un po ‘ nascosti, ma senza nessuna guardia, così prendevamo quello che ci serviva e facevamo colazione gratis.

La cosa che più ci faceva divertire era prendere le angurie dai gabbioni.

Tutti sanno che ogni sera, chi vendeva angurie, logicamente le metteva in dei robusti gabbioni con grosse sbarre da dove sembrava impossibile tirarle fuori.

Impossibile tirarle fuori INTERE così, quando avevamo voglia di mangiare qualche fetta di anguria, si partiva armati di un lungo coltello, e tagliandole semplicemente, si tiravano fuori, a fette, tra una sbarra e l’altra.

Finite le scuole, ho fatto il militare negli alpini . Dovevo presentarmi a L’Aquila per fare il militare. Sono partito il 5 Ottobre, assieme ad altri amici al mattino e siamo arrivati a L’Aquila che era già buio.

Appena arrivati infatti è stata una cosa da film comico. Il sergente che ci ha raggruppati, prima di portarci in camerata, ha chiesto se c’era qualcuno che gradiva un po’ di latte o qualcosa da mangiare prima di andare a letto. I più coraggiosi hanno alzato la mano, a quel punbto il sergente ha detto: ” no, no, troppo pochi non apro le cucine per così pochi”.

Poi ci ha chiesto nuovamente: “allora qualcuno vuole un po’ di latte prima di andare a dormire?” A quel punto, considerando quanto aveva detto prima, quasi tutti abbiamo alzato la mano, ed è stato allora che abbiamo compreso lo spirito della caserma perchè il sergente, vedendo tutte quella mani alzate, ha detto: “no, no, siete troppi, troppi “.

Nella stessa camerata c’erano altri amici così l’impatto non è stato molto traumatico.

Il periodo del C.A.R. (Centro Addestramento Reclute) è stato piacevole, l’unica cosa a cui non ero abituato, era di fare la doccia in 2 minuti. Funzionava così: si entrava nelle doccie, aprivano l’acqua per bagnarci e poi chiudevano l’acqua. Ci lasciavano un minuto per insaponarci e poi, forse, 30 secondi per risciacquarci.

Le cucine cercavano di dare il massimo, ma siccome si usavano i vassoi di acciaio, tutto quello che ci si metteva sopra si raffreddava nel tempo che passava per andare dal bancone dove servivano il cibo al tavolo.

Nelle pause dell’addestramento, si andava così allo “Spaccio Militare” per mangiare un panino con la mortadella.

Insieme a Walter, abbiamo meritato una licenza, perchè avevamo sparato bene al poligono. Io avevo infatti tarato i nostri due fucili in modo empirico ma preciso.

Avevo legato i fucili alla branda poi usando uno specchietto e guardando dentro la canna, spostavamo la branda fino a che si collimava un angolo di una finestra molto lontano, e poi si regolavano i mirini per collimare lo steso punto.

E’ stato un metodo grossolano, ma che è servito allo scopo.

Dopo il periodo del C.A.R. fatto a L’aquila, sono stato destinato a Chiusaforte, ma ci sono rimasto solo un giorno, perchè il giorno successivo all’arrivo, sono stato mandato a Tolmezzo per il corso da centralinista.

Tolmezzo era il comando dell’ 8° alpini. Si mangiava molto bene, perchè in cucina c’erano dei veri cuochi e non semplici militari messe in cucina ma, sopratutto si mangiava sui piatti di vetro.

Solo la disciplina era molto dura dovete pensare che alla sera, al ritorno dalla libera uscita, si doveva passare la patina sulle suole delle scarpe perchè, essendo esposte in camerata al di fuori della branda, dovevano essere tutte uguali e senza polvere.

Anche per le brande in camerata c’era una regola assurda, le brande, dovevano essere perfettamente allineate, in modo che traguardando tra di loro i due supporti, tutte le brande fossero su una unica linea.

L’altra cosa bella della caserma di Tolmezzo era che ci si poteva fare la doccia ogni giorno, e senza limite di tempo, bastava solo che passando per il cortile, si fosse almeno in due con il telo che coprisse eventuali asciugamani personali e si andasse “al passo”.

La caserma aveva regole molto rigide e, forse per andare contro, ho fatto alcune modifiche alla divisa.

La prima modifica è stata quella di raddoppiare il numero di bottoni della camicia estiva, poi quando si usciva in libera uscita, dopo aver passato il controllo, sfilavo la cravatta dal nodo e la facevo passare davanti, così era libera in tutta la sua larghezza.

Lavorando al centro trasmissioni, a volte verso le 10 del mattino, si andava in cucina per avere un panino, in cambio, visto che a quel tempo non c’era lo scatto urbano, alla sera chi voleva poteva telefonare a casa gratis, perchè si utilizzava le linee militari fino al paese desiderato e poi si chiedeva l’esterno e così si poteva telefonare a casa veramente gratis e senza spese per l’esercito.

Io non ho mai telefonato a casa perchè non avevamo il telefono.

I centralinisti, potevano fare delle ” fughe” dalla caserma per qualche giorno perchè si poteva coprire l’assenza al contrappello perchè il sottotenente che doveva verifichare tutti, non controllava il centralino.

In pratica funzionava così:

Dalla camerata potevano mancare due Posti letto perchè si sapeva che al centralino ci dovevano essere due persone per il turno di notte, per coprire la fuga bastava quindi portare i due materassi al centralino anche se poi c’era una sola persona per la notte e quindi risultava che erano tutti presenti.

Pochi mesi prima del congedo mi sono preso una punizione pesante, “5 giorni di R”.

“R” stava per rigore, era la massima punizione che si poteva prendere da militare, si veniva trattati come carcerati, chiusi in una stanza senza lacci per le scarpe e si poteva uscire solo un ora al giorno per una passeggiata.

La punizione mi è stata data non per un mio fatto criminale diretto, ma perchè la sera del fatto io ero quello più anziano della squadra e quindi il responsabile del centro trasmissioni.

I fatti sono questi:

Avevo mandato messaggi tutto il giorno, rimanevano solo due messaggi da mandare alla caserma di Venzone ma la linea era sempre occupata.

Ero molto stanco, e volevo andare in libera uscita, ho così detto a quello che rimaneva al centro di mandare i due messaggi appena si fosse liberata la linea.

Dei due messaggi, uno era del tipo: “Domani mattina oltre alla faccia lavatevi anche le orecchie”, il secondo era molto importante e dava istruzione alla caserma di inviare i congedanti ad Udine un determinati giorno per donare il sangue.

Il giorno stabilito si sono presentati tutti, esclusi quelli di Venzone, sono state fatte le ricerche ed il risultato è stato che non avevano ricevuto il messaggio.

Le ricerche sono state fatte anche al nostro centro trasmissioni, dove invece risultava che il messaggio era stato inviato e c’era la firma di quello che avevo lasciato al centro trasmissioni.

In pratica dei due messaggi ne aveva inviato solo uno ed aveva firmato i fogli di tutti e due e poi archiviati.

A nulla è valsa la confessione e la spiegazione di chi non aveva inviato il messaggio, io risultavo il più anziano del centro e quindi sono stato punito.

La punizione ha avuto anche conseguenze sul congedo, perchè invece di essere congedato il primo giorno dei congedi, sono passato al settimo giorno e poi ho dovuto compensare i 5 giorni, anche se non ero + in forza e quindi non facevo niente tutto il giorno.

Quando mancava poco più di un mese al gongedo sono tornato a Chiusaforte, ero un po’ spaesato in quella caserma perchè non conoscevo nessuno, ma mi sono adattato.

La cosa pesante è stato un giorno che sono dovuto andare a fare una marcia senza nessun allenamento. Dovevo portare la radio “300”, pesava moltissimo e dopo poco tempo ero stanchissimo, camminavo piegato in due.

Il sottotenente che guidava la marcia se ne è accorto, o forse è stato avvisato dagli altri, e mi ha fatto scambiare la radio con un altro col suo zaino. Nel primo momento mi sembrava di volare, ma poi anche quello era pesante per me che non avevo mai fatto marcie.

Quel giorno sono tornato con delle vesciche sui piedi.

Mi annoiavo a non fare niente, e così mi sono fatto mandare in polveriera dove avevo solo il compito di accendere il generatore al mattino e controllare il livello delle batterie delle garritte e registrare i consumi elettrici della polveriera.

La polveriera era una casetta dove le doccie non funzionavano, e le abbiamo fatte sistemare.

Faceva freddo e per scaldarci, visto che la legna che avevamo non bastava, abbiamo “rubato” un’ albero che avevano tagliato li vicino ed in poco tempo l’abbiamo fatto a pezzi per la stufa.

Durante il giorno potevo andare in paese liberamente, ma alla sera dovevo essere assolutamente dentro perchè in caso di emergenza dovevo accendere il generatore.

Il periodo della polveriera è finito velocemente e sono dovuto tornare in caserma perchè dopo poco iniziavano i congedi.

Ho riconsegnato tutti gli accessori che dovevamo ed aspettavo solo che il tempo passasse.

…17 ore..

Al ritorno a casa dopo poco ho cominciato a cercare lavoro , mi sono subito indirizzato nei cantieri edili di grandi opere, e così dopo vari colloqui, e grazie ad una raccomandazione di un vescovo di milano, sono così andato a lavorare con la TORNO.

Il primo lavoro è stato il cantiere della diga del Chiotas……..

Sono arrivato ad Entracque con un amico che andava anche lui in diga.

Il paese mi è subito piaciuto, ed ho passato dei momenti felici nel periodo che ho trascorso in quelle zone.

Il primo giorno di lavoro mi sono presentato in ufficio con la lettera che la ditta mi aveva mandato a casa. Il ragioniere l’ha presa e dopo poco mi ha detto di andare dal capo officina. Io mi sono presentato ed il capo officina mi ha chiesto se avevo una tuta la lavoro, gli ho detto di si e lui mi ha rimandato in camera per prenderla.

Sono ritornato in officina e sono stato messo ad assistere due operai che cambiavano il cassone ad un Euclid.

Il giorno dopo il capo officina mi ha mandato con degli operai a ripristinare le tubature che portavano l’acqua al cantiere. Bisognava rifare quasi tutto perchè avavano lasciato i tutbi pieni ed il ghiaccio aveva fatto rompere i tubi anche se erano in ferro. Abbiamo passato quasi una settimana sulla neve con cielo terso e così io, non avendo gli occhiali mi sono ustionato gli occhi. L’unica protezione era tenerli socchiusi. alla sera, guardandomi allo specchio perchè bruciavano, ho visto una bella linea rossa che mi attraversava il bulbo occulare.

In cantiera h o conosciuto degli amici che ancora oggi vado ogni tanto a trovare.

Entracque, un paese emblematico, quasi al termine di una vallata. La cosa che mi colpiva di più era la facilità con cui si conoscevano le ragazze, e la grande “libertà” che avevano, col tempo ho capito che per loro era una delle poche occasioni per andarsene da quel posto.

Mi stupivo di loro forse perchè, io fino a oltre 18 anni, al massimo alle 19 di sera ero a casa.

Avevano 15-16 anni, ed alcune anche meno, stavano fuori di casa anche fino alle 2 di notte e oltre, erano molto disponibili, chiunque poteva aprofittare della situazione bastava avere una macchina e non dicevano di no.

Io ero, e sono ancora, molto timido ed anche se sapevo che sarebbe bastato chiedergli di uscire assieme, non ho mai aprofittato della situazione perchè, mi sembrava una cosa forzata ed una mancanza di rispetto proprio perchè capivo che loro erano molto disponibili nella speranza di andarsene da quel paese magari sposandosi.

Uscivo in paese coi “miei meccanici”, per modo di dire miei 🙂

………….raccontare qualche fatto di cantiere ed inserire foto…

Nel 75 ho conosciuto Anna, solo da poco mi sono reso conto che lei oltre a Emanuela ed infine Gemma, la Donna che mi ha segnato più di tutte la vita, erano tutte e tre dei segni zodiacali di fuoco.

Anna era separata dal marito, avevano vissuto assieme poco più di un anno, era forse la ragazza più bella del paese, tutti la guardavano e cercavano di fare la sua conoscenza, ma lei usciva già con uno del cantiere.

Di Anna ora so che non mi ero innamorato, ma mi sarebbe piaciuto che succedesse. Uscivano spesso insieme, fino ad un giorno in cui, volendo fargli una sosrpresa, ho ricevuto io la sorpresa ( MAI cercare di fare sorprese, telefonare sempre prima).

Per la rabbia ho cominciato a frequentare i nigth, e su uno di questi ho conosciuto Mery, in arte Deborah. Quella sera come tante, avevo bevuto, a quel tempo non c’era il problema della guida in stato di ebbrezza se ti fermavano i carabinieri.

Sono andato in un night di Cuneo e l’ho vista. Non so se fosse stato il buio e l’alcool, ma quando l’ho vista ho pensato che avesse circa 30 anni, io ne avevo 24 e, dopo poco, siamo andati nel camerino.

Abbiamo bevuto tre bottiglie di champagne, e non ho avuto nemmeno il coraggio di toccarla da quanto ero imbranato e timido.

Qualche sera dopo sono tornato al Night e gli ho chiesto se potevo andare a casa sua, mi ha detto di si.

A casa sua abbiamo passato tutta la notte distesi sul letto ma, anche quella volta non sono riuscito a fare niente con lei.

Dopo qualche giorno sono ritornato al night , abbiamo bevuto assieme, e gli ho chiesto nuovamente di andare a casa sua, Lei allora mi ha detto che era inutile che andassi a casa sua se non volevo fare niente con Lei, ma quella volta gli promisi che avremmo fatto l’amore assieme.

Siamo stati 3.5 anni insieme come se fossimo sposati, 3.5 anni, ma a brevi periodi di 7-10 giorni al massimo, per due motivi, il primo perchè Lei voleva fare l’amore anche 10 ore al giorno, il secondo perchè finivo i soldi che avevo e non volevo dirgli di questo fatto, sono sicuro infatti che se gli dicevo che volevo andare via perchè avevo finito i soldi, Lei mi avrebbe fatto rimanere.

……….. descrivere qualche episodio ..

Ho cominciato così a cercare il modo di perdere tempo ed un giorno, quando mi ha chiesto dove volevo andare a mangiare, ho avuto una illuminazione e gli ho detto:” ho sentito che a Savona c’è un ristorante che si mangia benissimo il pesce”.

Da cuneo a Savona sono 3 ore di viaggio, almeno due ore per mangiare e poi il ritorno, risultato OTTO ore di libertà, so che per alcuni sembrerà una cosa esagerata ma, Il sesso è bello, ma non si può farlo per 10 ore al giorno ogni giorno. Mary era una cosa incredibile, se fosse stato per Lei non avrei mai dovuto dormire e quello era il modo di riposarmi.

Con Lei facevo solo sesso e non volevo coinvolgimenti sentimentali, inoltre mi ero creato dei “muri di protezione per non esere più ferito”

…Emanuela..

Dopo 6 anni di lavoro, con due brevi pause in Arabia ed a Campobasso, sono ritornato alla diga. Nel 1979, esattamente il 27 Ottobre, è iniziata la mia grande avventura da paraplegico.

Quella mattina, il nuovo capo cantiere, mi aveva chiesto di prendere una moto pala, e di andare verso il paese per pulire la strada.

Come avete visto dalla foto, è un miracolo essere ancora vivi dopo un incidente che ha ridotto la macchina in quel modo.

Ho sempre in mente ogni attimo passato quella mattina.

Dopo qualche tempo, ripensando a quei momenti, mi sono reso conto di un fatto a cui non avevo fatto caso.

Quando la valanga mi ha buttato fuori strada ho capito subito della situazione.

Alla mia sinistra c’era l’ingegnere Cicognani, ho pensato che se fossi uscito sul lato sinistro della cabina ci saremo ostacolati e quindi ho deciso di uscire sulla porta di destra.

Forse, e dico forse, è stato proprio questo il motivo che mi ha rotto la spina dorsale, quando siamo andati fuori strada e siamo precipitati sulla strada sottostante io ero in piedi perchè stavo cercando di uscire dalla cabina al più presto ma, in pochi secondi siamo arrivati alla strada sottostante e l’impatto e l’inerzia mi ha piegato violentemente in due.

Ho sentito come un gran pugno nello stomaco e poi ho incominciato a sbattere dentro la cabina.

Ricordo che mentre precipitavo nella scarpata ho pensato: ” che modo stupido di morire” ma, subito dopo ho visto un lampo di luce e dopo averlo visto ero certo che non sarei morto.

Poi sono stato sbalzato fuori, sono finito dentro la valanga e sono sceso ancora per un po’ dentro la neve.

Quando mi sono fermato non riuscivo a muovermi ed ho cercato di togliere la neve che avevo sopra di me, ho mosso il braccio destro e mi sono accorto che era rotto, allora ho usato il sinistro per fare un buco sulla neve e chiamare aiuto.

Dopo poco è arrivato il mio amico Tonel e gli ho chiesto se poteva togliermi quel sasso che sentivo sotto la schiena, lui ha messo una mano sotto e si è reso conto che non c’era nessun sasso.

Quando finalmente è arrivata l’ambulanza sono stato portato a Cuneo dove si sono resi conto subito delle mie condizioni, poco prima di cena mi hanno portato in camera e mi hanno messo in ntrazione nel tentativo di non peggiorare la condizione.

Nel pomeriggio erano arrivati mio Padre e mia Madre, immagino che forse non credevano che fossi vivo. La Ditta aveva prenotato, a proprie spese, una camera in albergo per tutto il tempo che avessero voluto starmi vicino.

Quella sera non ho cenato perchè al mattino successivo dovevo essere operato. Quella notte ho dormito quasi senza problemi, ed al mattino mi hanno portato verso la sala operatoria.

Fuori della sala, c’erano tantissimi amici che mi salutavano, io non capivo, ero sicuro che sarebbe andato tutto bene e quindi mi sembrava esagerato tutti quei saluti. Poi ho capito che a loro avevano detto che c’era la possibilità che rimanessi sotto i ferri.

A quel tempo l’anestesia era molto pesante, e forse anche perchè ero debole, mi sono risvegliato il giorno successivo verso le 5 del mattino. Ho provato a muovermi ma ero con le braccia legate. Vedevo le infermiere della sala di rianimazione ma non riuscivo a pensare di chiamarle per farmi slegare così ho cercato di slegarmi da solo ma, non ci sono riuscito.

Dopo un po di tempo sono passate a controllarmi e visto che ero sveglio mi hanno detto qualcosa e poi mi sono fatto slegare.

Da quel giorno ne ho passati 12 senza dormire. La prima notte non riuscivo a capire perchè non riuscissi a dormire, le successive proprio non capivo perchè non riuscissi a dormire. Era una sofferenza unica, ed il tempo non passava mai.

La rianimazione è un posto veramente difficile, vedevo gente che entrava e che dopo uno o due giorni moriva.

Io passavo il tempo a guardare le flebo che mi mettevano, c’erano dei dottori molto bravi, mi facevano gli esami del sangue 5 – 6 volte al giorno per compensare gli squilibri chimici del mio sangue.

Quando hanno avuto l’autorizzazione mi hanno dato da mangiare, potevo chiedere qualsiasi cosa che me lo preparavano.

…il periodo di rianimazione

….il reparto di neurochirurgia

Una notte, credo fosse quasi mezzanotte, ho avuto la sensazione di sentirmi la schiena bagnata, ho suonato il campanello ed all’infermiera che si è presentata gli ho detto cosa sentivo. In pratica si era sganciato la flebo dal tubo che mi avevano inserito nella vena del collo ed il sangue stava uscendo liberamente, io non lo vedevo, ma se non mi fossi accorto sarei morto dissanguato. Ci sono stati, dopo alcuni mesi, dei momenti in cui ho pensato che se invece avessi compreso cosa stava succedendo forse non avrei chiamato l’infermiera in modo da morire dissanguato, ma per fortuna non è andata così e non sarei arrivato a ideare il Generatore K64, la propulsione inerziale, ed il modo di eliminare ogni male dal mondo.

…libri di fantascienza ..episodio della scelta

….il C.T.O.

Ho passato oltre tre mesi prima di rendermi conto quale fosse il danno che avevo subito e le sue conseguenze, quando me ne sono reso conto, una “poveretta” di fisioterapista, un mattino, vedendomi piangere in silenzio e comprendendo il motivo, mi ha liquidato con una frase del tipo: “su su, fatti un bel pianto e ci vediamo domani”.

La cosa triste è che in quell’ospedale, ogni giorno passava uno psicologo a parlarci, e mai una volta che avese iniziato un dialogo per cercare di capire se mi rendevo conto della situazione, chissà, forse non aveva studiato abbastanza all’università per affrontare la situazione, ma allora mi domando :” che ci faceva in ospedale?”

Ho passato dei momenti difficili,

…..Longone….

…sono ritornato a casa nel 1980..

..uscito subito..

..imbarazzo iniziale..

…sembrava che ci fossi solo io in carrozzina…

….machina attrezzata…

dopo qualche tempo, avevo preso informazioni su che cosa si doveva fare per acquistare una pistola con la scusa di fare del tiro a segno…. in realtà, come tutti possono capire, lo scopo era un altro. Credo che il pensiero di suicidarsi passi nella mente del 99.99% delle persone che si ritrovano improvvisamente in carrozzina……poi per fortuna è passata l’idea…

Ho incominciato a cercare il modo di passare il tempo, mi annoiavo moltissimo, perché le giornate non passavano mai.

Dopo poco tempo che ero a casa, ho cominciato a pensare a come robotizzare il cammino , ma non trovavo chi mi aiutasse, la difficoltà che avevano era di ascoltare quello che chiedevo, tutti volevano sapere a cosa mi servissero certe schede o certi pezzi meccanici che volevo farmi costruire…

…oggi si sente parlare di robot che hanno il senso dell’equilibrio, io avevo trovato la soluzione nel 1980, quel dispositivo inoltre unito ad un programma che avevo fatto sul mio computer “Spectrum”, potrebbe essere addiritura usato per l’intercettazione dei missili, con una spesa ridicola.

Dopo circa tre anni, mi sono abituato, ed ho cominciato a cambiare il modo di vedere le cose.

La carrozzina comunque condizionava sempre i miei pensieri, tanto che nel 1986, ho pensato di andare in Brasile per tentare con la magia macumba.

Sono arrivato a Rio de Janeiro, dopo quasi 12 ore di volo, al mattino.

All’aereoporto c’era la guida che mi aspettava e siamo andati subito all’albergo dove, dopo la registrazione sono salito in camera ed ho scoperto quanto piccolo era il bagno.

Avevo passato quasi un mese per scegliere l’albergo col bagno adeguato, ma era strettissimo, appena un quadrato di 70 Cm attorno al quale c’erano tutti i servizi.

Dopo i primi tre giorni, passati con la guida, non sapendo dove andare, mi sono fermato al primo bar fuori dell’albergo, il “Meja Pataca.

Lì ho conosciuto Marinete, che mi ha aiutato ad entrare nel mondo della macumba. Ho fatto alcuni riti, fiducioso, e siccome avevo prenotato solo per 15 giorni, e non bastava, mi hanno detto che sarei dovuto tornare.

L’anno dopo, sono partito con l’idea di rimanere tre mesi.

Appena sistemato l’albergo sono uscito per vedere se trovavo il Taxista dell’anno prima, Fernando. Non lo vedevo, ma dopo poco è uscito dal ristorante ed è venuto a salutarmi. Sono rimasto sorpreso, si ricordava il mio nome.

Stavo parlando con lui da nemmeno tre minuti che si è avvicinata una ragazza, era una cosa anomala, perchè non è così che succede di solito. Dopo ho capito il perchè volesse conoscermi appena arrivato.

Di solito si fa conoscenza stando seduti ai tavoli e ci si guarda in giro, poi se va bene per tutti e due allora la ragazza si alza dal suo tavolo e viene a mangiare o bere qualcosa assieme……………….

…una settimana in albergo…

…primi tre giorni per ricercare marinete..

…ragazze di S.Paolo..

…appartamento

La “vacanza” di tre mesi mi è costata, tra un rito e l’altro, oltre 20.000 dollari. (uno stipendio ottimo di un Brasiliano a quei tempi era sui 300 $ al mese) Mi era venuto il sospetto che non servisse a niente, ma per la mia pace interiore ho fatto, e pagato, tutto quello che mi veniva chiesto.

Per ritornare a camminare ho fatto di tutto, sono stato anche ad Imola, dove una dottoressa ha studiato un paio di stivali speciali che ti tengono in piedi, vanno bene se non devi fare strada in salita, altrimenti ti spacchi tutto. Sono stato anche a colloquio col chirurgo che ha operato Regazzoni, ma anche quella operazione non serve, infatti Regazzoni dopo molte operazioni, non ha ripreso a camminare.

Sono andato in uno di quei posti dove appare la Madonna, un sacerdote vedendomi mi ha anche fatto entrare nella saletta dove avveniva l’apparizione.

————–

Mi manca solo di vendere l’anima al diavolo, ma lui non ha il coraggio di presentarsi. Ora posso dire che non ho niente da rimproverarmi se sono ancora in carrozzina avendo provato tutto quello che era di mia conoscenza.

Sono sempre stato molto creativo e geniale, senza false modestie, ma nel momento che la mia mente si liberava di molti pensieri, la mia fantasia ha cominciato a volare veramente, elaborando in continuazione progetti ed invenzioni, tanto che ad un certo punto, ho dovuto incominciare a scriverli, perché molto spesso non riuscivo a tenerli tutti a mente.

Ho cominciato così a pensare a molte cose

(ne potete avere una idea guardando il settore idee e invenzioni)

Ho mandato idee e soluzioni per la Formula 1 naturalmente non mi hanno nemmeno ringraziato, ma le mie idee sono ancora applicate.

Nella foto potete vedere lo schema del “Doppio diferenziale”.

Come tutti sanno nelle auto a singola trazione c’è un solo differenziale con un rapporto tra pignone e corona fissi.

L’idea che ho suggerito alla Mc Laren nel 1980 è stata quella di sfruttare la corona che ha già una massa consistente, perchè con un piccolo aumento della massa si possono creare due corone dentate con due rapporti di trasmissione diversi.

Il vantaggio di avere due corone dentate si può aprezzare sopratutto nelle partenze e quando, in particolari punti del tracciato si deve scalare una marcia.

Nella foto sopra si può vedere un esempio grossolano dei parametri che si hanno in una partenza.

In forma schematica rappresenta, sull’ asse x le linee indicative dei tempi delle varie marce che vengono inserite, e sull’asse y il numero di giri massimo che la macchian raggiunge.

…Il senso della vita…..

…cambio bar… Gemma

…conseguenze..

Un giorno, ho letto sul giornale che chi avesse avuto qualche idea su come risolvere i problemi del Mondo poteva mandare le sue idee……

Sono molto abitudinario, anche per trovare una certa sicurezza in un mondo ridotto che mi sono costruito per non avere altri traumi psicologici, che a me fanno più male di quelli fisici.

Quello è stato il principio della elaborazione del progetto, che attualmente, su suggerimento dell’amico “Jano” l’ho denominata risoluzione strategica numero zero.

Perché risolve tutto, in particolare, i problemi che molte persone hanno per avere una vita normale.

La risoluzione, deve essere applicata in tutto il mondo, altrimenti non produce gli effetti che si prefigge.

Questo sito, come ho già detto in un altro settore serve, principalmente a far conoscere ed a divulgare il più possibile la risoluzione strategica numero zero.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *